Acqua dolce dal mare

Per aumentare la disponibilità di acqua si può trasportare l’acqua dolce, dai luoghi in cui si trova abbondante, a quelli in cui è scarsa. La superficie della Terra è già attraversata da canali e condotte che spostano grandi quantità di acqua anche a centinaia di kilometri di distanza.

In questo modo, si sottrae acqua ad alcune zone, e ai relativi abitanti, per rifornire altri e anche questa può essere interpretata come una forma di solidarietà di cui vanno però attentamente considerati i possibili risvolti ecologici negativi.

Un’altra possibile strada consiste nella dissalazione dell’acqua di mare. Dal 1950 in avanti si sono avuti continui progressi nei processi capaci di trasformare l’acqua di mare in acqua dolce. I più diffusi sono i processi di distillazione, che usano calore, anche calore di rifiuto di altre attività industriali; e i sistemi ad osmosi inversa, che usano principalmente elettricità.

Attualmente nel mondo vengono prodotti ogni anno circa 12 miliardi di tonnellate di acqua, una quantità maggiore di quella che viene usata nella sola Italia per usi igienici, potabili e urbani.

I processi di dissalazione richiedono un consumo di energia (termica o elettrica) e forniscono acqua ad un costo elevato. Meno però di quanto si pensi; il costo dell’acqua dissalata nei paesi mediterranei, per esempio, è di circa 2.500 lire (poco più di un euro) alla tonnellata, una cifra che è già uguale al prezzo pagato dalle famiglie in Italia per l’acqua distribuita dagli acquedotti.

La dissalazione ha il vantaggio, rispetto alle altre fonti di approvvigionamento idrico, che fornisce "nuova" acqua dolce, fabbricata dal mare, senza intaccare le riserve di acqua dolce esistenti. è ragionevole pensare che si possano fare ulteriori progressi nelle tecniche di dissalazione e che il loro uso sia destinato ad estendersi.

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